Contratto di appalto tra Trenitalia Spa e società di appalto di servizi ferroviari. Omesso pagamento da parte della società appaltatrice in favore del dipendente di quest’ultima di quote di TFR maturate nel corso dell’appalto. Breve commento alla ordinanza della Corte di Appello di Firenze, sez. lav., emessa in data 22/1/2015.
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La Corte di appello di Firenze, sez. lav., con ordinanza del 22/1/2015, pronunciata ex art. 348 bis cpc, ha dichiarato inammissibile l’appello promosso da Trenitalia Spa avverso un lavoratore (patrocinato dall’Avv. Emanuela Manini) per la riforma della sentenza n. 89/2013, pronunciata dal Tribunale di Pisa, sez. lav., di condanna della società al pagamento di quote di TFR maturate da dipendente di società appaltatrice di servizi ferroviari, e da quest’ultima non pagate.
Sul punto, a fondamento del ricorso in appello, volto a contrastare la applicazione nei suoi confronti dell’art. 29 Dlgs 276/2003 (“il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di TFR…”), Trenitalia Spa ha posto diverse argomentazioni, ovvero:
– Trenitalia Spa è soggetta alla disciplina degli appalti pubblici, di cui al Dlgvo 163/2006 e successivi regolamenti attuativi, con conseguente inapplicabilità nei suoi confronti del citato art. 29 in materia di responsabilità solidale dei committenti in favore dei lavoratori dipendenti di società appaltatrici di servizi ferroviari;
– la solidarietà tra la società committente e la società appaltatrice, di cui al citato art. 29, deve intendersi riferita alla retribuzione maturata dal lavoratore durante la vigenza dell’appalto, con esclusione del TFR;
– il Tribunale di primo grado non ha adeguatamente valutato la carenza di prova, a carico del lavoratore, circa l’effettivo svolgimento con continuità della prestazione lavorativa nelle more dell’appalto, quale presupposto per la applicazione dell’art. 29 Dlvo citato.
Tutti i motivi di appello, sollevati da Trenitalia Spa avverso la sentenza impugnata, sono stati rigettati dalla Corte di Appello di Firenze, la quale ha così motivato la declaratoria di inammissibilità dell’appello: “ritiene la Corte, infatti, da un lato, che Trenitalia Spa è società di diritto privato e non (più) ente pubblico (sia pure economico), e non risulta sussistere nel d.lgs. cit., una norma che consenta di derogare alla generale disciplina del citato art. 29 D.Lgs. 276/2003. Dall’altro lato, il D.Lgs 163/2006, all’art. 118 c. 6, stabilisce un regime di responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore e nulla dice riguardo alla committenza. Né esclude di per sé che il rapporto tra committente ed appaltatore sia regolamentato dalla norma di cui al citato art. 29 non espressamente derogata. Neppure può aver seguito quella giurisprudenza di merito (Trib. Roma sen. 1139/14) che basa la propria adesione a questa tesi richiamando recente giurisprudenza di legittimità (C. 1139/14), in quanto è poco condivisibile l’idea di estendere regole e principi propri della pubblica amministrazione stricto sensu (art. 1 c. 2, TU/165) a società a capitale in mano pubblica, come fa il giudice romano, nel mentre il precedente di illegittimità è formato su vicenda relativa ad appalti del Ministero di Giustizia.
Una volta esclusa l’applicabilità del codice degli appalti pubblici, risalta pienamente anche la coesistenza fra il rimedio di cui all’art. 1676 cc. e quello previsto dal cit. art. 29.
2. La natura retributiva del TFR, poi, non pare seriamente revocabile in dubbio (ex multis, c. 16549/05). Mentre non risulta analitica la critica in punto di quantum della pretesa sotto il profilo del rapporto lordo/netto.
Infatti, non si rinviene argomentazione idonea a scalfire la giurisprudenza di legittimità, richiamata dal primo Giudice, secondo cui le competenze del lavoratore sono sempre al lordo.
Ad ogni modo pare censura non sostenuta da adeguato interesse, posto che parte appellata ha dato atto che controparte ha concretamente posto in esecuzione la sentenza appellata, pagando la somma al netto ed il lavoratore risulta remisivo a questa scelta. 3 Del pari priva di fondamento è l’eccezione di carenza di prova circa l’effettività della prestazione lavorativa nelle more di svolgimento dell’appalto da parte della Mazzoni, a tale proposito sopperendo tutta la documentazione in atti da cui si evince l’esistenza del contratto appaltatore/lavoratore, la coincidenza delle date con la durata dell’appalto, la lettera di licenziamento e, quel che più rileva, la presenza delle buste paga e del CUD che, notoriamente, sono documenti opponibili anche ai terzi”.
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Di qui, la conferma della statuizione, assunta in primo grado, della fondata pretesa da parte del lavoratore dipendente di società appaltatrice di servizi ferroviari di invocare nei confronti della committente Trenitalia Spa il pagamento del TFR, maturato durante l’appalto, rimasto impagato, in applicazione dell’art. 29, comma 2, Dlgs 276/2003.
Avv. Emanuela Manini
Allegati: ordinanza Corte Appello Firenze 20/1/2015
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